mercoledì 28 novembre 2012

Una notte a Perugia-24 novembre 2012, #TaSLive al 100dieci Caffè.





E’ il terzo anno che la città di Perugia ospita l'Immaginario Festival.
Quest’anno la manifestazione è stata una cinque giorni, dal 21 al 25 novembre.
Sabato 24 è toccato alla serata di cui vogliamo parlare: l’atteso  esordio del #TaSLive, ovvero la versione live del programma di RadioRai2#Twitandshout, copiato e incollato da Alex Braga, e nato dal social network Twitter.
Per chi ancora non lo sapesse, #Twitandshout è il primo programma del suo genere, una  formula sperimentale per dar voce a una squadra di utenti di Twitter che registrano il proprio tagliente ed efficace punto di vista sui fatti quotidiani.
La sfida di #TaSLive è stata lanciata per innovare il già innovato, e l’operazione ci sembra davvero interessante.
Perché, diciamola tutta, vedere in faccia chi lavora in radio, è sempre un’ esperienza emozionante per chi la radio la vive con intensità. Emozionante come tutti i cortocircuiti.
 E se le facce  appartengono  a utenti di Twitter che ormai, loro malgrado, sono entrati, in qualche modo, nelle vite dei propri followers (lettori), grazie all’espressività della propria scrittura, non stupisce che  questi ultimi colgano volentieri l’occasione per stringere la mano a ognuno di loro.
Ciascuno di questi utenti di Twitter è stato eletto dal proprio seguito,  un “eroe immaginario”, ma neanche tanto.
Ciascuno di loro twitta (posta su Twitter)  notizie prima che vengano “sporcate” dai mass media ufficiali.
E  ciascuno di questi tweet - pensieri corrisponde alla voce che la radio, miracolosamente, gli restituisce, assieme a una dimensione molto più quotidiana e reale.
Ed è per tutto questo che, la sera di sabato 24 novembre, ci siamo ritrovati anche noi, in prima fila, nell’area internet del 100dieci Caffè, al centro di Perugia,  a udire le voci di questi “giornalisti underground”, le quali dagli esordi di #Twitandshout, sono sempre state solo frequenze radio. In ogni caso, per ora rimangono ancora separate dal coro dei mass media ufficiali.
Arriviamo molto in anticipo, giusto in tempo per dare una sbirciatina agli ultimi attimi di backstage della serata, e incrociamo subito le facce degli illustri sei  twitteri e naturalmente, in un primo momento non ne possiamo riconoscere nemmeno una.
Ma, rotto il ghiaccio, avviciniamo l’unica contributor riconosciuta grazie all'avatar Twitter: è la biondissima @NaimaV.
Per fortuna  è molto più disponibile di quanto potessimo sperare, ed esibito un bel sorriso, ci aiuta a identificare ciascun protagonista della serata.
Non lo nascondiamo, noi personalmente siamo venuti per ascoltare, tra tutti, proprio  @NaimaV, e anche @Comeprincipe, in quanto relatori della serata da noi seguiti quotidianamente su Twitter.
Ma è doveroso elencare uno per uno tutti i nomi di battaglia dei magnifici cinque urlatori: i già citati @NaimaV e @Comeprincipe, ma anche  @ItsCetty, @LaPausaCaffe e last, but not least @MatteoGrandi.
Dj @coccoluto e dj Frankie HI-NRG infine,  gueststars  indiscusse alla consolle.
Gl’ingredienti per la riuscita della serata - ce ne accorgiamo - sono  tutti mescolati con cura e molto sapientemente dalla prima battuta.
Attendiamo un pò, e il pubblico è impaziente.
Ma finalmente ci siamo.
Vediamo uno per uno i protagonisti della serata prendere posto sul proprio sgabello, e vediamo anche uno sgabello lasciato vuoto.
Elemento d’ulteriore innovazione dell’edizione live, rispetto a quella radiofonica, è infatti il coinvolgimento in tempo reale della voce d’una persona selezionata tra il pubblico per ogni argomento.
Naturalmente, come nella versione tradizionale del programma,resta la possibilità per ciascun utente nel pubblico, di twittare dal proprio telefono.
Tutti i relatori son disposti in semicerchio, di faccia al pubblico.
Alle loro spalle il telone del proiettore funzionale a distinguere ogni momento  e ogni fase della discussione e dell’evento.
La discussione riprende tutti i temi della settimana  del programma.
Dal sequestro di Spinelli, al redditometro, all’attentato a Tel Aviv, al giorno del ringraziamento, all’avvistamento dell’ufo da parte di Formigoni, all'uscita d'Alfano su primarie e indagati.
Riportiamo di seguito un tweet per ciascun contributor.

@Comeprincipe Sequestro lampo per Spinelli, ragioniere di Berlusconi. Colui che si occupò di calcolare la maggiore età di Ruby.#Twitandshout
@Lapausacaffe Befera: «Un milione di famiglie dichiara reddito zero, eppure spende». Li chiamano "debiti".#twitandshout
@NaimaV Sempre oggi un missile ha colpito l'edificio che ospita la tv araba Al-Jazeera a Gaza senza fare vittime. Israele si scusa. #twitandshout
@itsCetty Per i 100mila follower Formigoni mette in palio l'UFO.#Twitandshout
@MatteoGrandi Alfano contro gli indagati. La riconoscenza non è mai stata il pezzo forte degli italiani.#Twitandshout



Terminata la discussione twittante, si passa a un momento diverso della serata.
Ciascun contributor s’alza e va a leggere un proprio scritto che lo rappresenta.
Tra gli altri contributi, ricordiamo la lettura di @NaimaV, d' una suggestiva memoria d'un viaggio che rievoca colori e luci e sapori al frullato di banane al latte, d’un paesaggio che contrasta con la violenza inevitabilmente e ormai automaticamente  collegata a queste poche lettere: Siria.Ma in questo caso la parola lettura è assai riduttiva. E' molto forte l'impressione che Naima stia interpretando - e  con grande intensità - il testo che ci fa ascoltare.Lo capiamo da come accompagna le parole coi movimenti appassionati, ma sobri, delle mani, e dalle inflessioni che imprime alla voce espressiva.
Esiste anche un blog di @NaimaV.
Ma è la volta di @Comeprincipe. Chi lo segue su Twitter, non può non ricordarne la biografia asciutta e vagamente inquietante: "Un uomo col coltello dalla parte del sadico.E una coscienza due punto Zeno."
Investito di recente della carica di Mr. Twittero 2012 ai #TA12 milanesi, Comeprincipe è un nome ormai noto sul web, già da molto tempo prima dell'inizio  della collaborazione quotidiana a #Twitandshout, grazie ai numerosi scritti pubblicati sul blog Comeprincipemaconlae.
 Riportiamo uno stralcio del post scelto per l’occasione, titolato Parole al ventre

Divertiti spesso, ma molto più spesso abbozza il sorriso idiota di chi si è divertito. Usa sempre la cannuccia, anche per bere l'acqua. Non chiederti perché, ma questo susciterà interesse.La gente prova interesse per nulla. Cerca di non crepare prima dei cinquanta, nel frattempo può essere pure che ti capiti qualcosa di bello. Ma non farne un cruccio se poi non accade.

Finita anche questa fase al leggìo, si aprono le danze al rumore del dj set.
Ci alziamo e ci avviciniamo subito al personaggio seduto davanti a noi per tutta la fase twittante: è @Luca_Preziosi, altro nome famoso di Twitter, eletto Mr Twittero più Provoloneai #TA12.
Luca è piuttosto noto agli utenti del social per le gustosissime caricature di twitteri famosi, tra i quali, lo stesso @Comeprincipe, o la Vj Andrea Delogu, tra le primissime vittime. Ecco il repertorio completo.
Rimaniamo piacevolmente sorpresi nel constatare che esistano ancora  twitteri  che non si danno arie, nonostante la popolarità. Luca è uno di questi e ce lo dimostra subito, presentandoci alla cerchia dei vip.
Così, non senza emozione, stringiamo la mano a @Comeprincipe.
Ma le sorprese non finiscono qua.Quando Luca ci presenta anche @Iddio, indiscusso e pluripremiato vincitore dei #TA12 (Miglior Cazzaro 2012Miglior Twittero 2012,Miglior Fake 2012) all'ennesima incoronazione, il nostro proverbiale ateismo viene messo a dura prova. Ci costa un nuovo crash filosofico da portare a casa. Ma pazienza.Se non siete atei, o se siete curiosi, abita qui.
Sempre grazie a Luca, facciamo la conoscenza anche del satiro gratuito e fortuito@gplexousted,un altro twittero del team del #Twitandshout quotidiano, contributor della serata, selezionato nel pubblico, reperibile sul web a questo  indirizzo.
Per finire,riusciamo  finalmente ad avvicinarci anche ad Alex Braga.
E  dal  veloce scambio di parole che ne consegue,traiamo una battuta che vale a riassumere tutto il senso di questa sfida, di questo modo così diverso dal tradizionale, di fare informazione.
“#Twitandshout è un modo di dar voce a dei pinco palli”. Dei pinco palli di qualità, nessun dubbio.
Ma è proprio qui la sfida di questo modo alternativo di fare informazione nell'attuale scenario di precarietà imperante.
In un momento in cui nessun media ufficiale ci restituisce una notizia pulita, libera della cifra del potere, ci chiediamo quanto significativo possa essere un canale che da questa informazione ufficiale, per ora, prende ancora le distanze.
E finché non verrà ufficializzato, lo seguiremo volentieri anche noi.
 #Twitandshout vi aspetta da lunedì a venerdì, su RadioRai2 dalle 19.50!
Mentre l'appuntamento con #TaSLive è ogni sabato sera dalla location di turno. Non mancate!!!









lunedì 26 novembre 2012

Una Notte come tante.



Inutile provare a razionalizzare, a mettere in parole.
Stavolta non esistono parole.
Non un vuoto involucro di lettere che serva a fissare una sola delle emozioni crudeli che mi sfrecciano in corpo, forsennate assassine senza pudori.
Ho solo l’estremo bisogno di nascondermi, di sottrarmi a questa gente che non conosco, alle piccole luci meschine di questa notte finita troppo presto.
Di fermarmi a bere la mia emozione copiosa, rimasta sospesa tra lo spazio del tuo saluto guancia a guancia, e il mio cuore incastrato in gola.
Che si misura dal nodo che m’ha soffocato al vederti scappar via, zaino in spalla, senza un saluto.
Ho litri di sale grosso in corpo da smaltire, e solo tu e le tue playlist, mi aiuterete.
E allora via, finalmente libera dai sorrisi agli sconosciuti che mi sono solo d’intralcio, perché non mi aiutano a ritrovarti, dalla musica che m’offende, dai tavolini neri e tristi perché non ho potuto berci neanche un goccio della tua voce.
Esco nella notte ancora lunga.
 Ed è cattivissima, perché avevo sperato potesse darmi qualche altro momento degno d’essere vissuto.
 Alla presenza dei tuoi  smisurati occhi color adolescenza.
Ma sei già, di nuovo, dove non posso vederli.
E non mi hai lasciato il tempo di ubriacarmene.
Una crudeltà inaudita.
Queste strade non m’appartengono, ma nel conflitto d'insieme, le faccio mie.
Occhi chiusi e orecchie piene delle tue musiche triste,
attraverso in lungo e in largo borghi medievali affatto estranei, guidata da un doloroso senso di confusione, frammisto al necessario.
E il sollievo del dolore alle gambe mi restituisce un po’ a me stessa.
Senza esagerare, certo.
Una notte intera di cammino solitario dovrebbe bastare a sedare un conflitto tra emozioni intollerabili.
Arrivo al traguardo ridendo istericamente di questo mio balordo senso dell’orientamento efficace solo al contrario.
Provo a rivedere gli occhi nocciola della mia cocente notte ormai passata, ma non so se sopravviveranno.
Provo a riudire le inflessioni della voce in cui s’è prodotta per me, ma sono già evaporate nei fumi della pre-alba.
La violenza della mancanza.
La dolcezza inverosimile.
La sua epica tristezza.
La grottesca crudeltà dell’insieme.
E forse i suoi insondabili peccati senza redenzione.






giovedì 22 novembre 2012

Toccarti e Fuga.


Sarà l’ennesima mossa azzardata in questa partita mai iniziata.
Sarà il 2 di picche preventivato, eppure mai accettato.
Sarò io che, piuttosto che struggermi ancora di una distanza sovrumana,
voglio vivere questa distanza dappresso, per una volta.
Sarà il patetico e il ridicolo di cui mi coprirò quando non riuscirò neanche ad aprire bocca alla tua presenza.
Saranno tutti i miei tentativi maldestri di attirare le tue attenzioni, mentre dal palcoscenico tu, senza dubbio, rivolgerai i tuoi occhi sconosciuti, ma forse oscuramente cerulei, altrove.
Sarà che ho ancora una speranza di non riscendere dal treno a mani vuote.
Ma sarà che non ho nessuna voglia di trofei effimeri, ma solo d’una stretta di mano sincera e ben calibrata della forza necessaria. La mia.


mercoledì 21 novembre 2012

La violenza del Nulla.


Ci si può sempre illudere che ai ricordi rubati di notte, si appartenga più dolorosamente che ai propri stessi ricordi.
Si può continuare, ancora una volta, a schiacciare le dita sulle lettere fino al sangue, e schizzare via solo rumore nero.
Si può continuare a scavare nel suono, e ricavarci solo lacrime amare a bagnare quei ricordi lucidi, contaminati da una gelosia canaglia, perché se ne è sempre alla periferia,  sempre estranei, sempre volgari ladri.Da sempre.
Si può ancora continuare ad addentrarsi negli abissi più spaventosi, avendo cura di non trovarne mai la superficie.
Ci si può forzare a tornare sulle stesse pagine che feriscono più di lame arrugginite.
Sulle stesse finzioni lambiccate del reale, solo per il gusto di rimanerne inviluppati fino a starne male.
Come è tutto morbosamente violento questo nulla imaginifico.
Ci si affonda per non perdersi, proprio perché altro non si riesce proprio più a vedere.
E se di questo morbo , di questo spasimo, non si può  fare che un’implosione lenta e lancinante,
il sollievo è sentire che mai fiume caldo come questo ne fu più autentica espressione sensibile. Esorcizza il nulla e lo tramuta in energia vitale.



martedì 20 novembre 2012

La voce del Vento



La bruttina, sola, sulla riva del fiume, cantava le canzoni dolci amare dell’eroe delle fiabe ed era felice,nonostante tutto. Sorrideva a ciascuna speranza e innaffiava ogni sogno, amorevolmente.
Quando l’acqua si fece più fredda e scura,  una folata di vento portò scompiglio nell’angolino in cui era rannicchiata e la riscosse.
Si guardò intorno coi soliti occhi smarriti, e s’avvide che un paio di sogni erano scomparsi, e un numero non precisato di speranze eran state spazzate vie. Il nodo alla gola fu inevitabile.
Fu allora che da lontano,  le giunse una voce sconosciuta, dal timbro ben noto, chiara e limpida, e veloce e un pò nervosa, come quella che aveva sognato d’udire tutte le notti. E le disse qualcosa che, sulle prime  non capì.
Ma la bruttina lì per lì non diede molta importanza all’episodio. Preferì lasciar correre e i sogni superstiti non si fecero pregare.
Passarono i mesi e la bruttina continuava a vivere nelle fiabe, e a coltivare il giardino delle illusioni, dolcemente triste e simpaticamente idiota, come sapeva essere solo lei.
Ma una mattina, nel piccolo rifugio di paglia, mentre stava ripiegando l’ultimo sogno e rassettando le speranze spurie rimaste in giro, da un’apertura nella parete sporca e di fortuna, entrò una folata di vento, e fu subito deja-vu.
S’avvide che quella era la stessa voce sentita in riva al fiume. Ed era la voce dell’eroe triste che le rubava il sonno, e il senno. Le disse, con la voce nervosa, ma ferma e pacata, in un soffio ( ed ella si fece senza espressione, mentre il suo essere dovette muoversi impercettibilmente senza darlo a vedere):
“Io lo so che ti struggi da sempre, che nella notte, mordi il cuscino per non rompere in singulti a causa della mia mancanza. Io conosco il tuo cuore gonfio di lagrime. Io so tutto di te. Tu mi somigli, e sei cara al mio cuore. E proprio per questo, non m’arrenderò mai a te. Non metterò mai le mani sul tuo affetto. Ma non temere, perché questo è l’unico modo che ho di ricambiarlo. Stai serena. Non pensarci. Perdona le mie paure. E fai del nulla, una tensione all’ineffabile. Ti servirà a iniziare a vivere davvero. Puoi farlo.”
La bruttina si svegliò e decise di non chiudere mai più gli occhi.

Rökkurró - Svanur

http://www.youtube.com/watch?v=9hUTKcAqxX8

lunedì 19 novembre 2012

L'Asintoto e l'Infinito

L'asintoto traeva ragion d'essere e linfa vitale solo dal proprio infinito.
E s'emozionava, gli si facevano gli occhi lucidissimi a ogni moto impercettibile che d'esso riusciva a scorgere.
Era felice d'esistere, proteso verso la propria vita senza poterla toccare.
Ma, a un tratto dello spazio- tempo che occupava, iniziò a pensare. E tutto cambiò.
Iniziò a capire che tendere alla propria vita non gli bastava più.
Capì che il nodo alla gola a ogni moto del proprio infinito non era solo devozione incondizionata.
Sentì il pensiero nascere, tendersi, inarcarsi, farsi lucentezza scura e infine smorfia di dolore.
Quella lucentezza scura era il desiderio doloroso di tutte le mancanze possibili.
E il nodo alla gola, tutto l'amore dell'universo costretto a implodere.

domenica 18 novembre 2012

Dostoevskijsmi


Mutilati e appesi.
Derelitto e furtivo.
Derelitto, ti fustigo.
A proposito del samovar sul fuoco.
A proposito del fuoco ardente.
Memorie dal sottovuoto.
Oblii dalla casa dei vivi.
Le Monadi.
Poveri cristi.
I fardelli Sullespallov.
Perdìo.

venerdì 16 novembre 2012

La fiera delle Maschere nuove fiammanti


In fondo, basta davvero poco a differire i commiati più temuti. Avversati con l’ostinazione e la caparbietà patetica dei fanciulli sempre un pò più stupidi della media, sempre col broncio sulle labbra.
E’ un gioco da ragazzi, impedire alle tue emozioni indisciplinate, d’inciampare continuamente nella sensibilità delle solitudini che hai arbitrariamente scelto come specchio inconsapevole e straordinariamente frangibile, ma senza fare i conti con lo strepito del loro concerto.
E’ così facile. Basta sorridere. Sorridi di quel sorriso da parte a parte, che ti ciondola al collo come un cappio nero e ti strozza a ogni minimo, impercettibile moto del capo.
Ora, prendi la tua maschera attuale, così incapace di nascondere agli altri emozioni e turbamenti e disagi e tormenti più o meno fondati, più  o meno patetici, più o meno reali.
Prendi la tua maschera presente e scagliala nel fuoco con tutta la violenza residua delle tue braccia cadute per le mille occasioni perdute sempre anzitempo.
Scagliala nel fuoco, ma, molto voluttuosamente. E ora, serbane solo il ricordo necessario per ridisegnarla in negativo assoluto.
In negativo, sì, fai in modo che la nuova maschera sia completamente priva d’espressione.
Cavale gli occhi smarriti di default,nel ricordo. Spegni il fuoco dei sospiri rimasti incastrati tra i denti marci, e mai arrivati a destinazione.
Fatti cava, vuota, rimuovi ogni parvenza sensibile d’anima vibrante.
Fatti immobile, e falsa, ermetica, criptica, praticamente muta.
Cripta  pensieri, e impegnati perché non siano mai men che indecifrabili in valore assoluto.
Diventa maschera di te stessa.





martedì 13 novembre 2012

L’ultimo rantolo della strega.



Interrotto che ebbe il lavoro, trafelato,  giunse l’ultimo popolano, ad accalcarsi attorno al rogo della strega, ormai in agonia.
E godette insieme alla folla d’uomini smaniosi, avidi della vergogna ardente negli occhi di lei, insieme al fuoco che la spogliava inesorabilmente di dignità e onore.
Ma un uomo più vicino degli altri, che si faceva lambire dalle fiamme, e la beveva più avidamente, non mancò di farsi raggiungere dal suono terribile sfuggitole dalle labbra nell’ultimo spasimo:  maledetti!
E per il popolo che quel giorno aveva tanto goduto di quel fuoco, ebbe inizio la vita che meritava.
Il proprio personale rogo.

lunedì 12 novembre 2012

Scatto a un’allucinazione.



Ho scavato negli occhi della gente che hai guardato negli occhi, e vi ho visto la condensa dei tuoi stessi sguardi. Dolcemente crudeli, biecamente buoni.
Ho assaggiato il loro stupore, la loro vergogna, il loro disagio, e la loro attrazione, tensione inconsapevole, al tuo occhio dietro l’obiettivo.
Ma anche al viso che quegli occhi hanno intravisto , sorprendendosi ad ammirarlo senza accorgersene e quasi istintivamente.
E lo stesso accade a me. Che non ho fatto in tempo a guardarti negli occhi, che già è irreversibile tropia.



giovedì 8 novembre 2012

Sospensione di precipizio.


Sono così stanca di queste emozioni surrogate.
Di questo penoso dopo- overdose, in cui, naturalmente sto come il prima, come nell’astinenza sovrumana.
Sudo  freddo e caldo insieme.
Non sopravvivo all’escursione termica.
Non sopravvivo a  questo incessante susseguirsi di contrasti, di paradossi, d’attese di parole che non arrivano se non indirette, smorzate, mai convinte come invece le vorrei udire, mai piene.
Sono così stanca di sentirmi stimolare da gente che non mi guarda negli occhi, che non mi afferra le mani.
Sono stanca di capire di stare a cuore a persone che muovono innumerevoli sassi veloci, e nascondono puntualmente le pugna  ciniche.
Sono stanca d’urlare a perdifiato in faccia a ognuno e raccogliere una volta  ipocrisia, e un’altra una dolcezza inverosimile imbrigliata da un  fottutissimo senso di dovere  ferreo, smodato, eccessivo.
Sono presa dal tetano e non ho vaccino che valga a salvarmi.
Sì, sono talmente stanca di rovistare nei cestini della spazzatura vecchia di chi non accetta che io entri nella sua vita, ma nemmeno accenna a volermici buttare fuori.
Né dentro, né fuori.  Questa sospensione mi  mozza il fiato, e mi lega polsi e caviglie. Mentre l'unica sospensione urgente, non arriva, e si chiama di giudizio.
Né posso impedirmi di lacerare i mezzi della sospensione: è indispensabile trovare il vicolo pedonale ove correre a perdifiato, liberare lo stomaco e i polmoni da tante aspettative deluse e tanti desideri di la dall’esser realizzati.
Passo il tempo a scavare nelle origini di questo abisso e vedo solo dolore.
Vedo un dolore infetto, mai guarito e infetta le mie ferite di poco conto, ma ancora aperte.
Cerco energia per incanalare il mio tormento, ma ad ogni tentativo ne esco con un tormento esacerbato.
Prendo fuoco senza legna, e poi non riesco a ripulire la cenere sparsa.
Sogno senza andare a dormire e chiudo troppo gli occhi senza vedere nulla.
Desidero troppo e non ottengo nulla.
Mi struggo e mi distruggo.
Amo e son stata presa all’amo.
Non conosco, e mi disconosco.
Vi cerco senza trovarvi.
Vi amo senza conoscervi.
Vi voglio e non esistete.






martedì 6 novembre 2012

Veloce, e un po’ nervosa, ma pacata e ferma.

In fondo la voce assomiglia tanto al ritmo della mano sulla tastiera che la sottende.
Giovane, senza moine, secca, e con quella schiettezza che purtroppo non può non attirare quante più attenzioni possibili a sé.
Credo sia molto pulita, non è di sicuro troppo profonda per essere una voce maschile.
 Quando vuole, capace d’addolcirsi, ma senza mai aggiungere troppi fronzoli.
 E bella. Dio, quanto può essere dolorosamente bella una voce, anche se infondo non è particolarmente gradevole.
 Diventa la voce più bella mai udita, per il semplice fatto che aspettavi e desideravi udirla da troppo tempo.
Tutte queste stupide note, scrivo, solo perché spero mi possano aiutare a non dimenticarla, la tua voce.
Ma l’ho sentita solo per pochi istanti.
Ma ho bisogno di risentirla, devo risentirla.
O  deciderò di non udire più voce umana in terra.

Studio estemporaneo su una voce che si vorrebbe disperatamente imprimere a fuoco nella memoria.

Se solo la scrittura mi valesse a conservare quella voce che temo si dilegui, senza che possa abbracciarla come si deve.
 Vorrei non mi lasciasse più.
La stringerei a me come si stringe un corpo che s’ami perdutamente.
 Il solo conservarla nella memoria per sempre, mi sarebbe più caro di qualunque  altra fortuna.
Le emozioni sono delle stupide illuse fanciulle dal rossore facile. Prendono fuoco come niente, e come niente si perdono nel nulla.
Si rincorrono intorno a situazioni effimere e caduche, e  tessono maglie di inaudita pateticità. Che farebbero sorridere i fanciulli, arrossire qualcun altro, o volgere al cielo gli occhi straniti e scandalizzati dei più.
Ma soprattutto, non arrivano a scaldare chi di dovere.
Maglie come il maglione, fatto a mano con tutto l’amore che si possa concepire, destinato a rimanere su una sedia di legno, gelida, su cui non siede mai nessuno.
E io ho raggiunto un picco d’estasi caduco. Ma a udire quella voce per la prima volta, dopo averla sognata una vita, qualcosa mi si muove dentro ed è  gioia e dolore che mi confondono .
Un dolore dolcissimo che mi cade sugli occhi come una membrana sottilissima,bastevole a sottrarli alla luce.
E in questo buio vado a tentoni, cercando maldestramente un appiglio,  ma è fatica sprecata.
E vorrei fissarmi, invece evaporo come questa lucidità de' miei occhi ciechi.
De’ miei occhi stanchi.
Ma ora, tento comunque di stringere quella voce tra le mani, e attraverso essa,
sentirti con più forza, che se ti avessi qui e potessi amarti.


domenica 4 novembre 2012

#DimmiDiSic

Sic, non ci credo di star scrivendo questo, non vorrei averlo dovuto mai scrivere.
Non t’ho mai guardato negli occhi.
Eppure come tutti, t’amavo anch’io, da dietro il mio piccolo schermo.
Ti davano per scherzo del santone, e del Sansone.
Ma tu eri solo il Sic.
La tua vita in corsa, ma quante volte sei caduto,per rialzarti sempre più forte.
 Ma mai un'ombra o un corruccio, sul tuo viso e in quegli occhi chiari sotto i ricci ribelli.
La s di semplice,  e di schietto, come la luce da dentro che irradi ancora su tutto.
Chi tremava guardandoti rischiare a ogni corsa, sapeva che l’unico vero modo d’amarti era lasciarti andare libero, non imbrigliarti.
Chi t’amo e t’ama più di tutto, non smette di rivolgersi a te, di dire al mondo che sei unico, e ha ragione da vendere nel pensare che i perfetti siano destinati a non restare a lungo in terra.
E sempre chi t’amò e sempre t’ama, e ti diede la vita, oggi non ha rimpianti perché negarti il rischio che hai corso, sarebbe voluto dire negarti la Vita stessa.
E  quante volte avrai tentato di sfuggire in moto ai rimproveri del tuo migliore amico, padre severo e giusto, e amorevole, ma le buscavi sempre.
E dopo ne ridevate entrambi.
Come se davvero potessi allontanarti dal Circuito che ti sei guadagnato intero.
O liberarci dalla sterzata al cuore che ci tiene da quell’orribile giorno.
La gente crede che tu sia morto, ma si sbaglia: tu vivrai sempre.
Nulla finisce, è solo  che tutto questo dolore corre ancora troppo veloce, sfreccia sui tuoi stessi percorsi, caldo sulla tua moto ancora calda, vive nelle nostre ossa vive, ed è ancora tutto così vivo da fare male.
Sei vivo nelle mani convulse portate ai capelli. Nelle facce contratte dal doloroso stupore. Nei visi coperti dalle mani. Nelle braccia cadute. Nelle lacrime senza sollievo.  Nella speranza che ancora sai dare, in corsa verso l'infinito.
Prima o poi ci si incrocerà di nuovo tutti, su quel circuito ingarbugliato.
E tu sei in testa, come piace a te.
Lo stesso impavido coraggio di sempre, ancora oggi, nonostante il brutto scherzo del destino.
La paura non ti tocca.
La tua luce scalda ancora, ovunque tu sia. Hai ancora impresso sul viso lo stesso sorriso tranquillo, eppure destinato a vincere.
Oggi il 58 è in pole nel circuito mondiale dell'affetto sconfinato della gente, che ti sei guadagnato intero.
Un giorno, poco alla volta, ti restituiranno il giro più impervio, sulla tua moto pesante.
La tua vita t'appartiene. La strada è tutta tua.
Libero nel vento, devi star ancora correndo, ovunque tu sia.
A ogni sorriso, a ogni battuta, a ogni sguardo , la tua vita rincorrevi senza paura, sulla tua moto grossa.
E quanto vento sulla pelle hai fatto sentire solo seguendoti a ogni successo, e a ogni progresso.
Manchi almeno quanto la tua presenza che ti sopravvive. E se guardo bene, vedo la gente che ha corso con le tue gambe senza muovere un passo.
E quanta libertà hai saputo donare, a chi credeva in te e ti vedeva diventare sempre più forte.



sabato 3 novembre 2012

Viscere

Sul comodino, accanto al letto, giace un libro scritto a caratteri viscerali.

Per un pugno di Gregor Samsa. Ovvero: Derelitto, ti fustigo.


Non dite a nessuno che sono perduta, oramai.
Che non faccio che passare i miei giorni con un unico pensiero in testa, costante.
Che tutte le cose che faccio, oramai, mi sono d’impaccio, se non hanno nulla a che fare con te.
Che cerco maldestramente di attirare uno straccio della tua attenzione e finisco puntualmente, drammaticamente per risultare molesta. Siamo alle solite.
Non dite a nessuno che sto incollata al monitor per ore a scavare nella tua testa .
E non dite a nessuno, che la stramaledetta goccia che ti solca il cervello da una vita, vorrei essere io, al momento.
Non dite, ve ne prego, ad anima morta, che di sto maledettissimo mal di vivere si muore, oppure si inizia a campare di nuova vita.
Un compromesso, per favore, trista maschera dalle braccia serrate,  un solo compromesso che valesse una volta per tutte un po’ di sollievo, quando ti deciderai a farlo?
Non sono un' apologista de’ compromessi, no, ma in certi casi, si tratta, forse, di capire a quali scendere per non scivolare penosamente e trovare quell'epilogo improvviso, inaspettato quanto grottesco, tanto caro ai kafkiani impenitenti. Ovvero quelli che dicono di non aver più la forza di ricongiungersi a Kafka.
In certi casi, forse vanno fatti. In questi casi, vedi.
Perdio.

Libertà

E’ in suo nome che gli uomini si fanno a pezzi tra loro, o si autodistruggono.
Il suono di questa parola è terribile, ed emana un odore di stantìo e soffocante che provoca gli spasimi della morte.
E per paradossale che sia, quanti scempi compiuti a ogni istante per questo insieme di lettere vuote.
Significante senza alcun significato.
La libertà è una favola come tante altre che c’hanno raccontato da bambini, per non aver a vedere, per sbaglio, che vi si potesse opporre resistenza da adulti. Non sia mai che un essere umano , anche solo per un fottutissimo errore di calcolo, possa essere felice davvero in questo antro desolato.

Mutilati e appesi.

Ho tentato invano, una vita intera, di sopravvivermi, d’impormi un regime di vita  ligio all’ordine, più ferreo che umano. Una vita da militare. L’esempio perfetto da seguire per chiunque desideri esser condotto per mano sull’autostrada per l’insoddisfazione, l’alienazione, per le  nevrosi sfociate in psicosi multiple,e per l’epilogo in bellezza che si legge sull’ultima pagina di tutti i fottutissimi e deprimenti racconti sul male di vivere, in perfetto stile kafkiano, de’ quali pure, e con tanta morbosità, non riesco mai a saziarmi. I miei morbosi romanzi seriali, quelli che m’uccidono un po’ di più a ogni lettura. Quelli da’ quali esco ogni volta il moncherino di me stessa. Con addosso nient’altro che i costumi di scena  d’un brutto e insignificante ruolo minore   d’Argento, morto di morte cruentissima alle prime battute del film. Possibilmente con quanta più schiuma nauseabonda alla bocca di cui possa inorridire lo spettatore. Ma ora a inorridire sono io, perché forse solo ora m’è chiaro il filo rosso sangue che unisce tutte le macabre danze delle tue parole triste e solitarie. L’unica somiglianza che non avrei mai voluto rinvenire  tra il tuo personaggio fittizio, e  la mia maschera di estremo e grottesco disagio. Quel desiderio incessante, molesto e così perniciosamente attraente di porre fine a tutti i tormenti penosamente inutili. Siamo tutti della stessa pasta, noi condannati terminali da una vita. Non alzeremo mai il becco da struzzo disotterra . Non cambieremo mai. Deh! Ah!

venerdì 2 novembre 2012

Così è, se vi pare.

Mi ritrovo a profanare gli altari che innalzasti per lei, che fu, a suo modo, una grande eroina.
In questo romanzo kafkiano gioca un ruolo chiave, lo vedo bene.
Peccato  amasse mettere il broncio un po’ troppo sovente, forse.
Ma è il lavoro che rovina le vite degli uomini.
Avesti sempre troppo lavoro. Da qui mi spiego molte cose.
Il tuo dramma fu perdere la donna che amavi, riamato, d’una passione assoluta e viscerale per non riuscire a trovare un lavoro che ti portasse lontano meno tempo.
E intanto cercavi di blandirla con le tue regalìe da padre affettuoso.
E lei ti amava davvero, ma forse non abbastanza.
Le attese iniziarono a pesarle e così decise d’andarsene.
Ti lasciò solo, piegato in due,  nelle stesse stanze delle sue lunghe attese pomeridiane, a tentare invano di trarre da una parete il suo ultimo respiro.
Oltre al danno, la beffa.
Perché io, ora, mi costringo ogni notte a fare la stessa cosa.
Entro in quelle stanze che vi guardarono , lei aspettarti, voi amarvi d’una passione ardente, e poi voi lasciarvi e poi tu ammalarti senza guarire mai davvero.
E a quelle stesse pareti ingiallite dagli spasimi dell’uno e dell’altra , io ospite sgradita , imbucata a questo festino ameno, aggiungo la mia parte.
E la mia parte è il sangue sotto le unghie che non riesco a impedirmi di lasciarvi.
A ogni scavo, lascio un nuovo pezzo di me stessa  tra , dentro, ai lati, di quelle pareti troppo vissute perché non mi senta a disagio.
Perfettamente cosciente di voler stare qui fino all’ultimo moncherino, finchè non smetterò di somigliarti così tragicomicamente.
E mentre sotto le unghie mi rimangono i tuoi sospiri disperati e vani, da essi prende corpo il mio amore per te.
Non meno vivo d’un amore in carne ossa, perdio!
No, a giudicare dalla violenza e dalle dimensioni del danno a cose e persone.
Ma se c’è qualcosa per cui tremo di sdegno e di rabbia anche,
è immaginare che lei non si sia fatta bastare le tue miserie sublimi.
Che mentre essa stringeva tra le mani il vero amore, possa aver avuto a pensare a qualcosa d’altro.
Da questo mi sento addirittura offesa.
Penso al mio, di amore.
Questo amore costretto a implodere ogni minuto , che vive di stenti.
Se  io avessi potuto stringerti tra le mie mani, di sicuro tutto il resto avrebbe smesso d’esistere ai miei sensi.
Non v’è dubbio che le uniche gemme preziose che avrei bramato sarebbero state quelle dei tuoi occhi sinceri e sfrontati, delle tue labbra forti, della tua fronte fresca o madida, del sorriso di cui avrei avuto l’orgasmo a ogni esplosione. Delle tue mani da stringere forte.
Io ti avrei amato con tutta me stessa,
perché, checché se ne possa pensare,
io ti amo con tutta me stessa.
Il grottesco sta nell’essere consapevoli d’amare una maschera dalle braccia serrate.
Che riso isterico e nervoso mi prende a pensarci.
Che queste fantasie siano rivolte alla figura di due braccia che dinanzi al mio ardimento, non allentano la stretta. Rimangono saldamente conserte.
Ma lo dicesti tu stesso che a suo modo, anche questo è un abbraccio.
E nella mia illusione io vengo , di prepotenza , a disserrarti quelle braccia, ti uso violenza, guadagno spazio nel tuo cuore senza che tu me lo chieda.
Ma alla fine ti vinco.