lunedì 4 febbraio 2013

Benzina


Ho provato a liberarmi di questo strano malessere che non mi da pace, ma non accenna a lasciarmi.
Come un odore greve di cui mi sia impregnata fino al midollo e che mi brucia radici e punte dei capelli.  O la benzina che devo a questo povero ego alcoholizzato e scellerato,  talvolta implorante, talaltre così dispotico da attirarsi gli odii più feroci.
O come un messaggio lasciato su una panchina, un muro o sulla strada. Nel migliore dei casi sarà letto da tutti tranne che dal legittimo destinatario. Eppure c'è. 
C'è, e si tocca, si vede, si può grattar via, ma ne rimarrà sempre una traccia. Verrà cancellata, dimenticata, o sepolta , ma non andrà mai via completamente. Si ostinerà a sopravvivere. Sotto le unghie di chi vorrebbe strapparla, nelle orecchie di chi vi si addormenta dentro,nelle narici di chi avrebbe voluto conservarne il profumo,  nelle mani che avrebbero voluto stringerla, negli occhi sgranati dallo stupore, in un desiderio crudele e senza sollievo, in una lacrima che si è tentato invano di trattenere con tutte le forze, in questa inquietudine notturna e diurna attanagliante. Non so cosa sia di preciso, ma una parte di me ne subisce l'influsso e ne rimane prigioniera, come costretta in una morsa di fibbie robuste impossibili da sciogliere.
E l'io vorrebbe liberarsene, ma pure, si stringe in quella morsa perdutamente. E ne muore ogni giorno di più, ma pure è l'unico modo che conosce per vivere. 
Un tronco d'albero che ti trancia in due è il tuo assassino. Ma per un pò è l'unica cosa che ti tiene in vita.