venerdì 27 settembre 2013

Ricorrenza

12 mesi son passati da quando c'incrociammo per caso. Chissà se ti ricordi che mi son mancate le parole, che avevo il fiato corto e mi son limitata a ringraziarti. A ringraziarti, ahimè troppo goffamente, certo (senza alcuna delle astuzie che di solito riconoscono alle donne), di avermi porto una mano nel terribile e muto buio che mi fasciava. E anche ora senza saperlo , da lontanissimo mi tendi la mano tuo malgrado, ma senza che io ne possa sentire il calore. Così triste è la melodia del ricordo consunto che ha stinto su tutti gli altri ricordi, altrimenti opachi e sporchi.
Nel frattempo sono stata a guardare le funi del bucato, sai, quelle che nelle foto ho spacciato per seggiovie. E di notte son rimasta sveglia a osservare ombre che mi parevano di vecchie mani ossute, malate e tremanti, sulle cinture degli orti.
 In questa città fredda, ove sono straniera, mi giunge l'eco lontana dei tuoi cari silenzi.

mercoledì 25 settembre 2013

Ricordo d'una domenica pomeriggio, ovvero prime note per l'elaborazione d'un sistema di segni di grado 0, ovvero senza comunicazione


-Sapete, quando si ride per la vergogna...
gli aveva mormorato in un soffio, ma in seguito non ebbe mai a sapere se si fosse trattato d'un sogno, del delirio d'una notte solitaria e fredda nella stanza buia e satura dei rantoli della povera cara temibile Vecchia, o semplicemente dello stralcio d'una conversazione immaginaria col proprio io sovrappeso e claudicante.
Da allora era già trascorso un anno: lento, inesorabile, cattivissimo e assai poco denso di avvenimenti, mentre quel ricordo cominciava a scolorire come il panno consunto e ingiallito da anni di bisogni  e sofferenze  svolazzante sul balcone.
S'era in settembre, in un'afa che sembrava tradire l'ostinato residuo d'un'estate malata e opprimente. Eppure un anno prima, alla stessa ora del medesimo giorno, non s'era forse fatta d'un pallore più intenso, e non aveva forsanche rabbrividito negli abiti ancora leggeri, al lume della modesta scrivania dello studiolo ingombro di carte del padre sempre accigliato, a migliaia di chilometri da dove si trovava ora?
Gli aveva promesso che non lo avrebbe mai più cercato e quello - s'era e gli aveva detto - sarebbe stato il suo modo di dimostrargli la propria riconoscenza per tutto quel che aveva fatto per lei, di propria iniziativa, e soprattutto senza chiedere nulla in cambio. Si sa che i rapporti umani portano solo scompiglio.
-E' sempre stata questa, secondo me, la parte più difficile d'un atto comunicativo tra umani...aveva aggiunto con voce malferma ma con tono quasi solenne.
-Maledetto approccio. Quante occasioni perdute per non esserne stati all'altezza. Per paura di essere ignorati o,  molto più semplicemente, per non saper di cosa riempirlo.
...
-...Comunicazione. Parola cacofonica quanto orribile. Comunicare che cosa?
Non ricordava il seguito di questo sproloquio. Quale era stata la risposta del suo interlocutore? Evidentemente ci sono frasi che non ammettono risposta e silenzi che dicono più di qualunque parola. O forse è solo l'unico modo per giustificare le lunghe conversazioni senza parole. "L'amore senza toccarsi" aveva detto qualcuno. Forse amarsi senza toccarsi è come parlare con qualcuno senza aprire le virgolette. Conversazioni estenuanti senza il minimo accenno di discorso diretto.
Ne avrebbe voluto fare uno studio.
Pensò alle rilessioni assurde che le erano balenate quando aveva iniziato a passare troppo tempo sui social. Le vite sui social come atti d'un delirante teatro epicureo? 
Cosa ne avrebbe mai pensato Epicuro? 
Scomodare un grande per pensare a queste misere beghe sulla comunicazione contemporanea è quanto meno da blasfemi.
Quando era molto nervosa riempiva i silenzi un po' a casaccio, avendo cura che le parole fossero rigorosamente insensate. Ovviamente per categorie, pensò con una smorfia amara.
Da quei caratteri senza voce aveva ricevuto consigli gratuiti e senza pretese, pieni di quell'umiltà tipica delle persone sensibili e modeste. Pensò che doveva aver usato caratteri sottovoce, piuttosto minuti, e dal nome senz'altro poco appariscente.
Anni di popolarità non avevano scalfito quella penna sottile e non le avevano impedito di volgere lo sguardo alla massa indisciplinata e scalpitante dei lettori che amavano sorprendersi a giocare talvolta a scrivere, sia pure coi risultati più improbabili.
-La mia parola era malata, ma è guarita grazie a te. Ai  tuoi quaderni meravigliosamente e dolorosamente viscerali. Senza troppi abbellimenti, eppure talvolta scritti in un tono aulico. Scarni eppure pomposi. Quella punteggiatura nervosamente calma eppure ritmata , lentamente incalzante. Un fiume caldo di parole scure da mettere in cantina per l'inverno. 
L'estate era finita da un pezzo.