Guarire.
Ma il problema è se d’uscire da una malattia, non si ha alcuna voglia, e anzi si teme il momento del ritorno alla salute, neanche fosse la morte.
Ma il problema è se d’uscire da una malattia, non si ha alcuna voglia, e anzi si teme il momento del ritorno alla salute, neanche fosse la morte.
Quasi come quando conviviamo per mesi col sospetto
d’un male, vago eppure assassino,che ci ruba il sonno, l’appetito, la
concentrazione; ma poi quando scopriamo ch’era infondato, ci sentiamo quasi
delusi. Come se insieme al dubbio, ci venisse a mancare qualcosa cui ci
eravamo aggrappati troppo saldamente forse. Come se avessimo sempre bisogno
d’un pretesto all’altezza dell’ansia che ci attanaglia la gola. Quasi come se
cercassimo una scusa per non sentirci troppo vigliacchi a desiderare la fine.
Eppure, dalle malattie delle quali siamo solo
portatori sani, non guariremo mai, questo è il problema.
E allora, non ci resta che conservare il
bacillo originario nell’incubatrice del corpo e alimentarlo finché la malattia
non ci deturpi orribilmente ogni millimetro delle membra.
Piaghe, pelle viva, sangue, viscere doloranti e livide.
Lo chiamano fuoco di sant’Antonio, ma
naturalmente è solo un simbolo.
Ognuno da al proprio male in incubazione il suo
nome.
Noi non lo abbiamo e ci contentiamo.
Noi non lo abbiamo e ne moriamo.
A fuoco lento.
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