venerdì 7 dicembre 2012

Scrivilo a caratteri viscerali.



Guarire.
Ma il problema è se d’uscire da una malattia, non si ha alcuna voglia, e anzi si teme il momento del ritorno alla salute, neanche fosse la morte.
Quasi come quando conviviamo per mesi col sospetto d’un male, vago eppure assassino,che ci ruba il sonno, l’appetito, la concentrazione; ma poi quando scopriamo ch’era infondato, ci sentiamo quasi delusi. Come se insieme al dubbio, ci venisse a mancare qualcosa cui ci eravamo aggrappati troppo saldamente forse. Come se avessimo sempre bisogno d’un pretesto all’altezza dell’ansia che ci attanaglia la gola. Quasi come se cercassimo una scusa per non sentirci troppo vigliacchi a desiderare la fine.
Eppure, dalle malattie delle quali siamo solo portatori sani, non guariremo mai, questo è il problema.
E allora, non ci resta che conservare il bacillo originario nell’incubatrice del corpo e alimentarlo finché la malattia non ci deturpi orribilmente ogni millimetro delle membra.
Piaghe, pelle viva, sangue,  viscere doloranti e livide.
Lo chiamano fuoco di sant’Antonio, ma naturalmente è solo un simbolo.
Ognuno da al proprio male in incubazione il suo nome.
Noi non lo abbiamo e ci contentiamo.
Noi non lo abbiamo e ne moriamo.
A fuoco lento.



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