domenica 2 dicembre 2012

Dialogo.


Le disse che di lei si sarebbe fidato, che se anche era sempre stato ingannato, in passato, ora aveva deciso di smettere di avere paura di soffrire ancora.
Le disse che il freddo che s’era imposto per tutto quel tempo, gli aveva fatto perdere sensibilità al cuore e alle mani, ed era solo per quello se non allargava le braccia più a nessuno da tanto.
Le disse che era stanco, e che era giunto l’inverno in cui non voleva più lasciarsi congelare, con la schiena schiacciata al muro freddo.
Le  disse tutto guardandola negli occhi, con i suoi, enormi, nocciola, dalle ciglia scure, da dietro gli occhiali spessi, dai quali lei aveva paura non sarebbe mai più risalita per quanto avesse fatto.
Lei gli disse che il suo affetto non era egoista, e che era sinceramente caro al suo cuore.
Che il suo ritmo respiratorio, omai, si  regolava  sulle parole che lui aveva scritto e scriveva senza stancarsene, sui ricordi che gli rubava, senza troppi complimenti, e sulle sue metafore appassionate o tristissime nelle quali notava come in fiumi lucidi, già da un pezzo.
Ma, naturalmente, fu tutta un’invenzione della immaginazione di lei, che a furia di ricacciare indietro l’amore impellente che urgeva d’uscire e di raggiungere chi lo aveva suscitato, finì col morire strozzata.
A occhi ancora aperti.

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