Le disse che di lei si sarebbe fidato, che se
anche era sempre stato ingannato, in passato, ora aveva deciso di smettere di
avere paura di soffrire ancora.
Le disse che il freddo che s’era imposto per
tutto quel tempo, gli aveva fatto perdere sensibilità al cuore e alle mani, ed
era solo per quello se non allargava le braccia più a nessuno da tanto.
Le disse che era stanco, e che era giunto
l’inverno in cui non voleva più lasciarsi congelare, con la schiena schiacciata
al muro freddo.
Le disse
tutto guardandola negli occhi, con i suoi, enormi, nocciola, dalle ciglia
scure, da dietro gli occhiali spessi, dai quali lei aveva paura non sarebbe mai
più risalita per quanto avesse fatto.
Lei gli disse che il suo affetto non era
egoista, e che era sinceramente caro al suo cuore.
Che il suo ritmo respiratorio, omai, si regolava
sulle parole che lui aveva scritto e scriveva senza stancarsene, sui
ricordi che gli rubava, senza troppi complimenti, e sulle sue metafore
appassionate o tristissime nelle quali notava come in fiumi lucidi, già da un
pezzo.
Ma, naturalmente, fu tutta un’invenzione della
immaginazione di lei, che a furia di ricacciare indietro l’amore impellente che
urgeva d’uscire e di raggiungere chi lo aveva suscitato, finì col morire
strozzata.
A occhi ancora aperti.
Nessun commento:
Posta un commento