venerdì 14 settembre 2012

Polvere alla polvere

Sembrava che quella notte fosse iniziata per non avere mai fine.
Non aveva un posto dove andare e il freddo penetrava le sue carni e le sue ossa vuote.
Vagò a lungo senza una meta finché i muscoli non smisero di obbedire ai suoi comandi.
Si fermò e si sedette sulla soglia di quella che ai suoi occhi intorbidati sembrò una casa abbandonata e fatiscente.
Toccò il marmo gelido della soglia ed ebbe un brivido.
Si alzò, e si accorse che la porta era socchiusa. Si arrischiò ad aprirla.
L’indomani, se mai fosse arrivato, avrebbe pensato a cosa fare, ma ora aveva solo voglia  di scaldarsi un po’ e di riposare.
Si ritrovò  in quello spazio sconosciuto e in disuso e non desiderò altro che lasciarsene inghiottire.
Si diede il tempo di cercarsi in tasca una piccola pila elettrica.
L’accese e con essa illuminò un sudicio materasso su cui si gettò a peso morto.
Non aveva più freddo e le sue membra non erano più stanche.
Stava bene.
Si dimenticò di tutti i problemi, i vuoti, le solitudini, le amarezze di quella vita che non aveva scelto di vivere.
Si lasciò avvolgere dall’aura misteriosa di quel luogo, per cui provava rispetto e in cui si sentiva al sicuro.
Non sapeva perché, ma la sua convinzione era che in quel cantuccio abbandonato non avrebbe mai più potuto soffrire. Mai più.
Sentì che il suo corpo veniva scosso violentemente.
Sorrise per l’ultima volta, e sentì il sapore acre del cemento e della polvere.
E non fu più.

Nessun commento:

Posta un commento