domenica 28 ottobre 2012

Se mi cercate, sono al Barman.


Ci si dice ogni volta che è l’ultima, e puntualmente si entra per  sostarvi più a lungo.
Non luogo di conquista, quanto punto di non ritorno.
Il vizio che non si può smettere .
Il fegato che cede.
Cosa può spingere  a prendere di notte l’auto per entrare da soli ogni volta in un fottutissimo  piccolo bar  in periferia? Niente altro che un bisogno, una mancanza, una dipendenza, un’astinenza.
Si entra  a passi lenti, sfiorando con la coda dell’occhio ogni viso estraneo.
E la solitudine rende impacciati e attira gli sguardi indesiderati.
E per togliersi d’impaccio,  si preferisce non guardare nessuno dritto negli occhi e slanciarsi verso il bancone, senza troppi preliminari.
Si ha fretta di consumare. Ogni secondo che separa dal momento in cui finalmente le labbra toccheranno il vetro freddo, diventa un supplizio intollerabile.
La durata di quel supplizio non dipende da altri che da lui. L’uomo enigmatico e sorridente oltre il bancone.
Di lui, nessuno degli avventori sa qualcosa di preciso. E’ per lo più una leggenda.
Nessuno sa nemmeno come si chiami. Lui è il barman. E nessuno ha altro appellativo all’infuori di questo per chiamarlo.  Ma questo distillato di lettere, basta a racchiudere le confidenze e le speranze e le lacrime e i sorrisi e i buoni propositi e gli amori e le storie che ciascuno degli avventori  gli affida, pienamente fiducioso.
Eppure, anche una volta, sul barman intento a versare un brandy a Tizio, e una vodka a Caio, si sarà visto un sorriso forzato ciondolare intorno al collo. Un cappio nero che si stringe quando muove la testa.
 E più volte, è indubbio,  avrà temuto di soccombere sotto il fardello degli altri, ma non avrà avuto cuore di chiudere. Nonostante l’orario di lavoro abbondantemente sforato, e un caos assoluto da riportare all’ordine.
E più volte, avrà dovuto fare i conti con degli avventori troppo impazienti della loro dose di sorrisi alcoholici. Tutti tossici in astinenza dalle sue parole.
E lui è uno, loro sono troppi. E mancano i soldi per far lavorare altra gente al bar.
Mi sono affezionata al barman. Vado a trovarlo ogni sera mentre lavora, con l’intento preciso d’estorcergli uno sguardo e di suggerirgli la playlist da mettere in locale.
Vorrei che per una volta fosse lui a confidarsi, aprirsi, sorridere sincero, e  non solo per mestiere.
Mi resta da compiere una sterzata non indifferente,  per ottenere un’inversione completa di ruoli.
-Beh, cosa ti verso?
- Un bicchiere di Te caldo, grazie.



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